Ancora nebulosa la struttura della “IV Repubblica” in Madagascar che la Confe-renza nazionale, convocata dalla corrente dell’uomo forte Andry Rajoelina, definisce «uno stato unitario ma fortemente decentralizzato [...] regolato da un parlamento bicamerale».
Alla Conferenza iniziata il 13 Settembre ad Antananarivo, capitale del Madagascar, era assente la società civile ed è stata una sostanziale farsa, boicottata dalle tre principali correnti politiche degli ex presidenti Marc Ravalomanana, Didier Ratsirika e Albert Zafy.
Per definire la Conferenza nazionale che si è tenuta ad Antananarrivo risultano emblematiche le parole di Joaquim Chissano, ex presidente del Mozambico e mediatore internazionale, «unilaterale, non sufficientemente imparziale e consensuale».
La storia del Madagascar è, in gran parte, una storia di isolamento come testimoniato anche dallespecie animali e vegetali, come del resto le culture indigene che hanno seguito uno sviluppo indipendente da quello dell’Africa e della altre isole dell’Oceano Indiano.
Ma facciamo un passo indietro.
Nelle elezioni del dicembre 2001 entrambi i candidati, Ratsiraka e Ravalomanana, sostennero di aver vinto; il Ministro dell'Interno dichiarò, però, vincitore il primo e ne seguì una profonda crisi fatta anche di scontri violenti nel paese con risvolti anche etnici, in quanto Ratsiraka apparteneva alla tribù dei Betsimisaraka, mentre Ravalomanana a quella dei Merina.
Nel luglio 2002, così, Ratsiraka e i suoi si ritirarono in esilio in Francia e Ravalomanana iniziò una serie di grandi progetti di riforma e una battaglia contro la corruzione.
Il 17 marzo dello scorso anno, però, si è verificato un nuovo colpo di stato.
Durante una dimostrazione antigovernativa, Andry Rajoelina, leader dell'opposizione e sindaco di Antananarivo, aveva esortato la popolazione a rovesciare Rava-lomanana e si era autoproclamato presidente. Il capo dello Stato lo aveva ridico-lizzato: «Abbiamo 1547 sindaci nell’isola, immaginatevi se ognuno di essi si dovesse autoproclamare il presidente».
Dopo settimane di braccio di ferro tra Ravalomanana e Rajoelina, con manifestazioni di piazza e almeno 135 morti, l’esercito, che finora aveva dichiarato e assicurato che sarebbe restato estraneo alla lotta politica, decide di intervenire ed entra con forza nella residenza del capo dello Stato chiedendone le dimissioni.
I militari, sempre fuori dai giochi politici, decidono però di intervenire, con una pubblica dichiarazione di sostegno a Rajoelina: «Lui può risolvere i problemi del Paese», aveva subito dichiarato il colonnello André Ndriarijaona, che aveva guidato la ri-volta degli ufficiali.
Il colonnello dell’esercito André Andriarijaona, nominato capo di stato maggiore, dichiara: «Spero che Ravalomanana si dimetta nell’interesse superiore del Paese».
Le accuse che vengono rivolta a Ravalomamana, un ricco uomo d’affari passato alla politica, è di gestire il Paese come una società privata che guadagna tanto e la-scia ai dipendenti solo le briciole. Poco dopo, però, Rajoelina, sostenuto dall'esercito, ha assediato il palazzo presidenziale e costretto il presidente Ravalomanana a dimettersi. Alla fine della Conferenza, l’unico dato “politico” è che Andry Rajoelina, l'ex dj malgascio, è confermato alla presidenza della “transizione”, per cui nominerà gli esponenti del governo.
Secondo il mediatore Chissano, che rappresenta Comunità di sviluppo dell'Africa australe (Sadc), Unione Africana (UA) e Onu – «bisognava raggiungere un accordo politico sulle modalità della transizione politica prima di tenere la conferenza».